La relazione che intercorre tra musica e medicina è stata per molti anni oggetto di studi complessi e non sempre affidabili da parte di illustri esponenti della comunità scientifica, che volevano comprendere se in effetti la musica abbia un effetto terapeutico – dunque curativo – per l’individuo. Anche se oggi la musicoterapia è una disciplina esistente, basata su concetti scientifici fondati e su evidenze, il confine che separa ciò che è riproducibile e dimostrabile da ciò che è empirico ed emozionale è ancora molto labile.
Pensando di partire dalle origini, comunque, si può dire senza ombra di dubbio che la musica faccia bene. Un’affermazione simile non è motivata dal pensiero di uno, ma da diverse testimonianze, oltre che da documenti scientifici. Da un lato, infatti, vi sono i “grandi artisti della musica” che definiscono curativo e terapeutico il processo di scrittura, ascolto e riproduzione della musica, mentre dall’altro lato vi è la comunità scientifica che, grazie a diversi studi, afferma che la musica potrebbe esplicare un effetto positivo moderato su pazienti affetti da Alzheimer o da morbo di Parkinson. Si tratta, dunque, di due diverse opinioni, basate su due percorsi completamente diversi, ma che convergono nella stessa direzione.
È ovvio che allo stato attuale delle conoscenze la musica da sola non basta per curare gravi patologie, ma può essere certamente una fonte di maggiore benessere per il paziente. Il meccanismo positivo che la musica è in grado di avviare in pazienti affetti, ad esempio, dal morbo di Parkinson non è ancora stato spiegato del tutto, ma si suppone che la melodia, con il suo ritmo e con la sua sequenza ordinata, sia capace di migliorare la capacità di espressione dei soggetti, e agisca in particolar modo stimolando il putamen (un’area del cervello che viene particolarmente danneggiata dalla malattia a causa della perdita di materia cerebrale). Sono necessari altri studi per trovare una correlazione causa-effetto reale e universalmente accettata, ma a detta di molti medici la musicoterapia potrebbe essere un percorso molto valido.
Secondo altre ricerche, inoltre, la musica avrebbe effetti estremamente positivi anche nei soggetti affetti da schizofrenia. Ascoltare delle melodie, infatti, sarebbe utile per i pazienti sia per ridurre i sintomi positivi (che prevedono un’azione diretta del soggetto) che quelli negativi (a causa dei quali, invece, il soggetto non manifesta alcunché). Anche in questo caso, la musicoterapia deve essere affiancata a un trattamento farmacologico utile – in questo caso specifico – a limitare la comparsa dei sintomi. Tuttavia, il semplice fatto che un’essenziale melodia sia in grado di potenziare in maniera importante l’effetto di farmaci è già di per sé un’evidenza sorprendente.
La musica, però, sembra non essere solo utile per trattare le patologie e per contrastare, per quanto possibile, deficit motori attraverso la disciplina del ritmo, ma sembra essere anche una grande cura per lo spirito. Dal punto di vista biochimico, infatti, è ormai dimostrato che ascoltare la musica che si preferisce stimola la produzione di dopamina, il cosiddetto ormone della felicità, che entra in circolo e dona immediatamente un importante senso di buonumore, rafforzando lo spirito e il contatto tra mente e corpo.
Proprio per questo motivo, le più antiche e attualmente affermate applicazioni della musicoterapia riguardano la psicologia. In particolare, sotto questo punto di vista la musicoterapia si prefigge l’ambizioso obiettivo di estendere e aprire la sfera emozionale del soggetto, permettendo al terapeuta di entrare in contatto con la persona e comunicare con essa, ma senza usare le parole. Si tratta naturalmente di un discorso molto complesso, frutto di approfonditi studi sulla psiche e sulla mente umana, ma che mostra indubbiamente buoni risultati.
Ascoltare musica provoca anche il rilascio di endorfine, il che viene utilizzato ad esempio nel trattamento di stress cronico, depressione, attacchi d’ansia, disturbi del sonno e perfino disturbi del sistema immunitario. Senza considerare che, grazie anche alla musica, gli sportivi sono incitati a dare il massimo sia nelle sessioni di allenamento che durante le competizioni, raggiungendo risultati che altrimenti non verrebbero ottenuti nel caso in cui lo stesso esercizio avvenisse senza una base sonora (anche in questo campo, ovviamente, sono presenti numerose ricerche a testimonianza di ciò).
Al di là di tutti questi studi scientifici, però, ognuno di noi riesce a percepire quando e se la musica funge da ristoro per corpo, mente e spirito. È esperienza comune, ad esempio, ascoltare della musica classica (o in generale melodie rilassanti) quando si vuole dedicare un minuto di tempo al benessere della propria persona, così come è usuale, quasi istintivo, ascoltare musica rock durante una sessione di allenamento sportivo.
Ecco quindi che, nonostante il continuo e giusto investigare della scienza in merito agli effetti che delle regolari e opportunamente studiate onde sonore sono in grado di esercitare su corpo, mente e spirito, è bene ricordare che ognuno può già prevedere quelli di proprio interesse, semplicemente scavando a fondo nella propria anima e nelle proprie passioni.
In conclusione, il consiglio è quello di creare la propria intima e personale seduta di musicoterapia ogni qualvolta lo si ritiene indispensabile in quanto, per poco se ne sappia in merito agli effetti legati alla funzione dell’organismo umano, le conoscenze in merito alle sue implicazioni sul benessere mentale, trascurando i casi particolari, sono alla portata di tutti.