La pipì a letto, o enuresi infantile, è uno dei disturbi più comuni dell’età pediatrica. Tuttavia non sempre i genitori capiscono in profondità l’origine di tale problema e, soprattutto, come gestirlo nel modo più corretto. L’impatto emotivo per il piccolo può essere importante e quindi non va sottovalutato. In particolare, attenzione a non colpevolizzarlo.
Pipì a letto, un problema diffuso
Una recente indagine condotta dalla Società Italiana di Pediatria su circa 10 mila bambini da 5 a 14 anni ha dimostrato che hanno problemi di pipì a letto circa il 12-15% di quelli di 5 anni, il 5% di quelli a 10 anni e circa l’1% dopo i 14 anni. Inoltre, si è osservato che è due volte più comune nei maschi rispetto alle femmine.
Ma perché alcuni bambini fanno pipì a letto?
Molti non sanno che, anche se fattori ambientali e comportamentali incidono, spesso, soffrire di enuresi infantile è una questione genetica. Si è visto infatti che se i genitori ne hanno sofferto, la probabilità che i figli presentino lo stesso problema è superiore al 70%.
Il comportamento dei genitori, però, può avere un ruolo positivo nell’aiutare il piccolo a sviluppare il controllo del disturbo.
“Oltre alla predisposizione genetica, l’enuresi può avere origine da disfunzioni ormonali, disturbi del sonno e immaturità della vescica. Si tratta generalmente di una condizione stressante sia per il bambino che per la famiglia” afferma Pietro Ferrara, referente SIP per il maltrattamento e abuso e docente di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e all’Università Campus Bio-Medico di Roma “e può avere effetti negativi profondi su benessere, autostima, comportamento, interazioni sociali e vita emozionale dei piccoli pazienti. Per questo è importante che i genitori non sottovalutino il problema e ne parlino tempestivamente con il proprio Pediatra”.
L’enuresi infantile è un disturbo funzionale a tutte le età?
“E’ doveroso fare chiarezza”, prosegue l’esperto, “se vostro figlio ha meno di 5 anni, età entro cui si acquisisce normalmente il controllo degli sfinteri, e fa la pipì a letto questo è considerato fisiologico; può richiedere molta pazienza e tolleranza da parte dei genitori ma non deve allarmare. Prima dei 5 anni di età, infatti, non è indicato il trattamento farmacologico, ma solo dei consigli di tipo comportamentale come l’igiene genitale, la regolazione dell’assunzione eccessiva di liquidi la sera, la correzione dell’eventuale stipsi, etc”.
Si parla infatti di enuresi vera e propria solo quando il disturbo si presenta più di due volte a settimana, per almeno tre mesi consecutivi, e in bambini di età superiore a 5 anni.
Ma quando bisogna preoccuparsi? “Quando questo disturbo compromette aspetti della vita psico-affettiva, sociale e comportamentale del bambino”, aggiunge l’esperto. Tra gli effetti negativi, per esempio, l’indagine SIP evidenzia un dato interessante: l’enuresi può alterare il ritmo sonno-veglia nel 48,1% dei bambini che ne soffrono con conseguenze importanti sulla vita sociale e scolastica. E, infatti, non è un caso che, sempre secondo i dati, quando il bambino migliora nella sintomatologia, nel 46,3% migliora anche il suo rendimento scolastico.
Solo in casi particolari, e a giudizio del medico curante, vanno eseguiti degli esami. In caso di enuresi vera e propria è sufficiente eseguire un esame chimico-fisico delle urine. Se invece sono presenti anche altri disturbi diurni sono necessari altri accertamenti come l’ecografia dei reni e della vescica.
In caso di pipì a letto, errato sgridare o punire il bambino
Sebbene si tratti di un disturbo da non sottovalutare, va bene preoccuparsi ma non punire il bambino. Dai dati emerge che nel 51,5% dei casi i bambini con enuresi possono subire forme di punizioni da parte dei genitori come rimproveri (60%), lasciare il letto bagnato (18%), deprivazioni del sonno quando i bambini vengono svegliati più volte durante la notte per fare la pipì (7%) o addirittura misure disciplinari (5%).
“E’ fondamentale non punire il bambino ma comprenderlo e sostenerlo”, aggiunge Pietro Ferrara.
La pipì a letto si previene anche a tavola
Per ridurre il rischio di enuresi infantile, occorre correggere le abitudini nell’alimentazione, specialmente la sera. “Raccomandiamo sempre ai genitori – precisa l’esperto – di evitare l’assunzione di caffeina (cioccolato, coca cola) e bevande ad alto contenuto di zuccheri o effervescenti; ridurre l’assunzione di liquidi, anche il latte, qualche ora prima di andare a dormire; prediligere cibi poco salati, frutta e verdura, evitando formaggi e cibi stagionati. Ai fini del successo della terapia, il Pediatra dovrà incentivare la compilazione di un calendario delle notti asciutte, coinvolgendo il bambino e la famiglia al fine di migliorare l’adesione alla terapia”.
Il decalogo dei Pediatri SIP per aiutare mamme e papà a gestire il bambino con enuresi
- Instaurare un sereno clima di dialogo con il proprio figlio, condividendo anche la propria eventuale esperienza a riguardo
- Rassicurare il bambino e dargli supporto
- Non rimproverarlo, colpevolizzarlo, punirlo o deriderlo soprattutto in presenza di parenti e amici.
- Prestare attenzione alle sue richieste più o meno esplicite di aiuto
- Non vietare al bambino di dormire fuori casa, anzi incoraggiarlo, aiutandolo a ripetere le regole che segue a casa per non bagnare il letto e munirlo di un paio di mutandine extra
- Affrontare il problema senza perdere la calma, insieme al bambino, in modo che partecipi attivamente alla terapia
- Coinvolgerlo anche nella pulizia quando bagna il letto, allo scopo di responsabilizzarlo
- Non usare il pannolino per evitare il rischio di bagnare il letto
- Garantire la quantità e la qualità del sonno, senza sollecitare il bambino asvegliarsi per andare in bagno
- Seguire i consigli comportamentali forniti dal Pediatra