È la malattia della pelle più diffusa nella popolazione in tutto il mondo ed è fonte di profondo disagio per tutti coloro che ne sono colpiti. È l’acne.
Gli studi confermano che, tra i 14 e i 20 anni, fino a 9 maschi su dieci, soffrono di acne; le ragazze sarebbero poche in meno, quasi 8 ogni 10.
Con l’età, sono però le donne a diventarne più facilmente vittime rispetto agli uomini. In età giovane adulta 12 donne su cento soffrono di acne, mentre soltanto tre maschi adulti su cento ne sono colpiti.
Non stupisce che le richieste di visita per acne siano migliaia tutti gli anni, soprattutto tra gli adolescenti. Ma ben il 10% delle visite si colloca ancora tra i 35 e i 44 anni. Non è neppure un caso che, per trattare l’acne, si spendano milioni di euro ogni anno, con una notevole fetta di mercato coperta dai prodotti da banco e venduti nella grande distribuzione, quindi non prescritti dal medico o senza il consiglio del farmacista.
Se questi numeri forniscono un quadro generale, altri dati permettono di capire meglio il quadro piuttosto composito dell’acne e perché questa possa essere considerata malattia sociale, sotto tutti i punti di vista.
Acne: maschi e femmine, il ruolo degli ormoni
L’acne compare prima nelle ragazzine, attorno agli 11 anni, rispetto ai ragazzini (12-13 anni), probabilmente perché la pubertà, con la “tempesta ormonale” che l’accompagna, è più precoce e improvvisa nel sesso femminile.
Anche il picco delle manifestazioni acneiche segue lo stesso andamento: nelle ragazze si colloca attorno ai 17-18 anni, nei maschi è appena più tardiva, attorno ai 19-21 anni. Perché? Perché è negli ultimi anni dell’adolescenza che gli androgeni, cioè gli ormoni maschili, diventano nei ragazzi uno stimolo potente della secrezione di sebo cutaneo (il grasso della pelle).
Dopo i 23 anni, invece, si assiste a una nuova impennata dell’acne nelle giovani donne. Com’è stato già accennato infatti, l’acne in forma grave si manifesta nel 12% delle giovani donne, ma incredibilmente soltanto in 3 giovani maschi su cento.
Tra i 40 e i 49 anni, i maschi affetti sono ancora 3 su cento a soffrirne, mentre nelle donne i casi appaiono diminuiti rispetto alle 25-35enni: 5 ogni cento.
Nel decennio successivo (50-59 anni), ecco una nuova crescita di casi in entrambi i sessi: 6% tra gli uomini (quindi il doppio rispetto al decennio precedente) e 8% tra le donne (una volta e mezzo rispetto alle quarantenni). Come mai? Dopo i 50 anni la situazione ormonale, per uomini e donne, entra in una fase nuova, di progressivo declino. In qualche modo, anche se con tendenza contraria, si ripete quel che accade nell’adolescenza: si mette in moto un riassestamento ormonale, con fluttuazioni che immediatamente si riflettono anche sulla salute della pelle, tanto più se il soggetto aveva già sofferto di acne negli anni precedenti.
Acne: quale pelle è più bersagliata
Tutti le pelli (bianche, nere, giallle) possono essere bersaglio dell’acne. Quel che cambia è la gravità delle manifestazioni, la loro evoluzione, la maggiore o minore probabilità di dare origine a cicatrici.
Nelle pelli nere sono più frequenti forme gravemente infiammatorie e, di conseguenza, le cicatrici post-acne per la pelle nera si manifestano con maggiore facilità e risultano più marcate. Le pelli asiatiche, invece, sono le meno bersagliate in assoluto dalla malattia. Se guardiamo invece al sesso, la forma cistica, la più grave, si manifesta più di frequente nella pelle maschile rispetto a quella femminile.
Si sono sempre cercati i fattori di rischio per l’acne: dalla genetica, allo stress psichico, al fumo di sigaretta, dall’alimentazione all’igiene personale. Si è visto che quasi la metà delle persone con acne grave ha in famiglia casi di malattia e, nelle coppie di gemelli, è raro che solo uno dei due ne soffra.
È certo però che non è soltanto la genetica a influire sulla maggiore probabilità di soffrire di acne, che è una tipica malattia multifattoriale, in cui confluiscono molti fattori, ambientali, di stile di vita (alimentare, igienico, personale), che non devono essere trascurati nella valutazione di ogni singolo caso.
Acne: l’impatto sulla qualità della vita
L’acne non mette gravemente a rischio la salute generale. Proprio per questo, molti ritengono che si tratti di un disturbo trascurabile, che non valga la pena di essere trattato.
Si tratta di convinzioni errate. Le conseguenze psicologiche e sociali dell’acne sono infatti tutt’altro che trascurabili, tanto da poter essere paragonate a quelle dichiarate da chi soffre di asma, epilessia, diabete.
È noto che gli adolescenti con acne sono più facilmente emarginati e presi di mira dagli scherzi dei coetanei. È accertato che chi soffre di acne trova più difficilmente lavoro.
Non stupisce che depressione, ansia, autoisolamento sociale, frustrazione, rabbia sono spesso lamentati da chi è colpito da acne. Senza dimenticare che le cicatrici, marchio della malattia, compromettono spesso l’autostima per tutta la vita.
Ecco perché chi soffre di acne non deve perdere tempo e chiedere l’aiuto del medico nel più breve tempo possibile. Soltanto il medico può aiutare a definire quali siano i trattamenti più adatti e seguire con correttezza nel tempo l’evoluzione di ogni singolo caso.