Medici in difficoltà nel seguire i pazienti nella cura per la psoriasi, a causa di una regionalizzazione esasperata. A farne le spese anche i malati psoriasici: otto malati su dieci sono disillusi e spesso abbandonano la terapia. Se ne è parlato nel corso del 52° Congresso Nazionale SUMAI (Sindacato Unico di Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria).
La psoriasi
La psoriasi è una malattia cronica cutanea che si stima colpisca tra il 2 e il 3% della popolazione. Si manifesta con lesioni della pelle, denominate placche, caratterizzate da eritema e desquamazione. Interessa in particolar modo gomiti, ginocchia, cuoio capelluto e zona lombare della schiena ma può estendersi anche a tutto il corpo.
La disillusione dei pazienti psoriasici: l’indagine
«I pazienti sono spaesati – sottolinea Mara Maccarone, presidente di A.DI.PSO (Associazione per la Difesa degli Psoriasici) – e alla fine il risultato è evidente: anche in forma lieve, si dichiarano insoddisfatti delle aspettative di cura, abbandonano le terapie, con indiscusse implicazioni sulla progressione di malattia».
È questo il percepito emerso da un’ampia indagine, condotta fra il 2016 e il 2018, su 8 mila pazienti con una storia di malattia iniziata mediamente in età giovanile, tra 21 e 30 anni (38%) e fra 31 e 40 anni (41%).
Di questi, l’84% si dice “disilluso” riguardo le aspettative di cura spesso disattese, con il risultato che l’88% rinuncia a sottoporsi a successive/nuove terapie o a recarsi da uno specialista per il monitoraggio della psoriasi.
Un dato allarmante che denuncia da un lato la sottostima della malattia da parte dei pazienti e dall’altro la necessità, prioritaria, del medico di meglio educare gli psoriasici sugli sviluppi della malattia, sia in termine di implicazioni importanti, quando trascurata, sia delle nuove opzioni terapeutiche offerte oggi dalla ricerca.
«Un altro aspetto importante – conclude Maccarone – è la difficoltà nel parlare con i referenti Istituzionali come avviene per noi da tempo nella Regione Lazio. È tutto molto faticoso e invece serve maggior rispetto per i cittadini malati».
Per migliorare la cura della psoriasi, valorizzare la medicina del territorio
Una gestione territoriale di accesso al farmaco consente di valorizzare la medicina del territorio e alleggerire i Centri prescrittori e ospedalieri dal carico di pazienti. Questo potrebbe portare di conseguenza la riduzione dei tempi e delle liste di attesa, senza considerare poi anche il periodico follow-up e gli accessi programmati da parte del paziente, che la struttura specialistica deve sostenere.
La realtà che devono affrontare quotidianamente i malati cronici, e in particolare quelli con psoriasi, è l’eccessiva regionalizzazione sanitaria che però crea spesso disparità di cure attraverso una netta differenza di accesso al farmaco. Un esempio, in questo senso, avviene nella dermatologia per il dimetilfumarato, farmaco di recente approvazione con classe di rimborsabilità Classe A-PHT, ma con un accesso da parte dei pazienti diverso tra le Regioni italiane sia per quanto riguarda la prescrizione sia per la distribuzione.
Il Prontuario della Continuità Terapeutica Ospedale-Territorio PHT è legato chiaramente alla distribuzione territoriale del farmaco e quindi alla continuità assistenziale, eppure le difficoltà sono enormi e di non facile soluzione.
«Se prendiamo in considerazione cosa è accaduto per la psoriasi – ricorda il prof. Luigi Naldi, Direttore del Dipartimento di Dermatologia, AULSS8 Berica, Ospedale San Bortolo, Vicenza- c’è stata inizialmente una buona organizzazione modulata in Centri di riferimento, identificati dalle diverse Regioni, con modalità armonizzata di attività e quindi non c’erano in realtà grandi differenze nelle varie aree della penisola.
Con il passare del tempo però le discrepanze sono aumentate con esempi sempre più eclatanti come nel caso del dimetilfumarato, con il quale ci troviamo di fronte a differenze in termini di prescrizione.
Infatti se in Veneto è disponibile tramite lo specialista ambulatoriale esterno, cioè che lavora sul territorio, e quindi anche in farmacia, in altre regioni il farmaco è prescrivibile solo in Centri di riferimento per la psoriasi e va ritirato in ospedale. Ciò chiaramente complica moltissimo la cura per i pazienti nell’avere un farmaco di prima linea e quindi seguire la terapia».
Il Veneto è una delle poche regioni dove è attiva una dermatologia territoriale capillare, specialisti ambulatoriali sul territorio e quindi farmaci in prima linea sono facilmente disponibili.
In tante altre aree d’Italia però è diverso e una situazione così complessa è dovuta a «una esasperazione della regionalizzazione e non è facile trovare una soluzione.
Dovrebbe esserci un ripensamento di quello che è assistenza nel caso della psoriasi con la ridefinizione dei Centri della psoriasi e dei criteri di trattamento» sottolinea il prof. Naldi.