In oncologia, le cure palliative in associazione alle terapie, se attivate sin dall’inizio del trattamento, fanno bene al corpo e alle mente e quindi migliorano la qualità della vita e dell’assistenza al paziente e ai suoi familiari. Lo dimostra lo studio osservazionale condotto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) in collaborazione con la Norwegian University of Science and Technology (NTNU) di Trondheim e appena pubblicato sulla rivista internazionale Lung Cancer.
Fino ad oggi, diversi studi randomizzati hanno mostrato i tanti effetti positivi derivanti dall’integrazione di cure palliative e trattamenti oncologici: riduzione della depressione, miglioramento dei sintomi fisici, soddisfazione per le cure ricevute e, in alcuni casi, anche un prolungamento della sopravvivenza. Tuttavia, gli studi di real life sono ancora molto limitati e lo studio INT può aprire una nuova prospettiva sull’utilizzo nella pratica clinica quotidiana del connubio tra le due terapie.
Lo studio
Questa ricerca ha coinvolto 229 pazienti affetti da tumore del polmone presi in considerazione all’inizio del proprio percorso terapeutico, con l’obiettivo di descrivere l’esperienza di collaborazione e continuità di cure tra l’oncologia medica e le cure palliative e di studiare i criteri per l’attivazione delle cure integrate.
“Il nostro studio ha mostrato che cure palliative e trattamenti oncologici personalizzati devono e possono lavorare insieme in maniera coordinata lungo l’intero percorso di cura del paziente, per offrirgli le migliori opportunità terapeutiche, senza trascurarne i bisogni e le priorità” – afferma Marina Garassino, Responsabile della Struttura Semplice di Oncologia Medica Toraco-Polmonare presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Con più del 40% dei pazienti seguito simultaneamente da entrambi i servizi, i risultati dello studio mostrano un elevato livello di integrazione fra oncologia e cure palliative in INT. Inoltre, per il 50% di questi pazienti, l’attivazione delle cure palliative è tempestiva, avviene cioè entro un mese dall’inizio delle cure oncologiche e continua per prolungati periodi di tempo, che possono andare oltre l’anno. L’attivazione delle cure simultanee è dovuta nella maggioranza dei casi alla gestione dei sintomi (92%).
L’analisi del percorso di cura di questi pazienti ha poi evidenziato un limitato accesso al ricovero ospedaliero (29%) o alla chemioterapia (16%) nelle ultime settimane di vita, e invece un elevato tasso di attivazione di cure palliative domiciliari o accesso in hospice (72%).
“Questi dati sono indicativi quindi di un approccio di cura finalizzato, da un lato, ad evitare trattamenti e interventi che non sono utili al paziente e possono invece essere fonte di ulteriori sofferenze, e dall’altro a offrire assistenza e accompagnamento sia per il malato che per la sua famiglia quando i bisogni si fanno più importanti e le terapie oncologiche non sono più in grado di controllare la malattia” – sottolinea Augusto Caraceni, Direttore Struttura Complessa di Cure Palliative presso l’Istituto Nazionale di Tumori di Milano.
I risultati dello studio saranno utilizzati per proporre criteri condivisi per la valutazione dei bisogni di cure palliative e la conseguente attivazione di cure simultanee anche in altre patologie oncologiche.