Non c’è l’1 senza il 2, senza il 3, senza il 4… L’ipertensione arteriosa quasi sempre non è un fattore di rischio isolato. Porta con sé diversi compagni di viaggio, soprattutto diabete e ipercolesterolemia.
Attualmente, secondo i dati più recenti (Tocci et al., 2015), in Italia solo il 37% dei pazienti ipertesi è ben controllato. Questo dato negativo potrebbe essere in parte spiegato nella difficoltà della gestione del paziente iperteso, che presenta spesso ulteriori problemi di salute, soprattutto a carico dell’apparato cardiovascolare. Risulta infatti che in Italia l’ipertensione raramente si presenta come fattore di rischio isolato. Nello studio citato è stato infatti rilevato che l’11% dei pazienti ipertesi era anche affetto da diabete mellito e circa il 10% aveva dislipidemia (ossia elevati livelli di colesterolo e/o trigliceridi nel sangue). Inoltre, circa il 20% era già sofferente di un ingrossamento cardiaco (ipertrofia ventricolare sinistra) e il 30% presentava una sindrome metabolica (commistione di almeno tre fattori di rischio tra ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia, iperglicemia, ipercolesterolemia e obesità) e il 15% aveva avuto microalbuminuria (piccole perdite di albumina attraverso l’urina, indice di un’iniziale sofferenza renale). Per quanto riguarda le condizioni cliniche associate (ove disponibili), circa il 12% aveva una storia di malattia coronarica, il 6% un precedente infarto del miocardio e il 5% un ictus 5%. Questi dati indicano una condizione ad alto rischio nei pazienti ipertesi, da non sottovalutare nella pratica clinica. Ciò implica una più attenta ricerca dei fattori di rischio associati, nonché dei marcatori di danno d’organo, attraverso esami mirati.
Tocci G, Ferrucci A, Pontremoli R, et al. Blood pressure levels and control in Italy: comprehensive analysis of clinical data from 2000-2005 and 2005-2011 hypertension surveys. J Hum Hypertens 2015;29:696-701.